Il corpo racconta il dolore interno dei ragazzi autolesionisti, ogni segno, ogni cicatrice rappresentano una ferita aperta, racchiudono un’emozione che ha preso il sopravvento su di loro e che li ha schiacciati da un punto di vista psicologico. E’ veramente difficile guardarsi dentro, vedere il proprio corpo e, soprattutto, accettarsi, sapere di non essere compresi, aver paura di essere considerati “pazzi”, di essere denigrati, rifiutati, di vedere quelle facce disgustate davanti ad un corpo testimone della sofferenza interna.
E poi arrivano le vacanze estive, da un lato una liberazione perché si riprende fiato dall’ansia del contatto con i compagni, dell’interazione con chi non può capire il senso di quel gesto, dalla paura di essere scoperti e isolati maggiormente. Dall’altro, per circa 1,5 adolescenti su 10 che si fanno sistematicamente del male, l’estate, è uno dei momenti più difficili da gestire.
Il caldo porta a scoprirsi, il mare al contatto fisico con gli altri e non si è pronti a tutto questo. “Preferisco la montagna, le maniche lunghe, non voglio mettermi il costume, passare le giornate inutilmente buttato in spiaggia, mi annoio, non mi piace stare al mare, mi vergogno, so che non mi possono capire, sono strano, lo so, e mi guardano strano. Preferisco evitare e stare da solo a passeggiare e a fare fotografie”, mi racconta un ragazzo di 14 anni.
Alcuni ragazzi provano a smettere in questo periodo cercando di non far emergere le cicatrici troppo fresche, altri si tagliano o si graffiano in parti del corpo che non scopriranno mai, come le parti intime, l’inguine o le piante dei piedi. In tanti casi, evitano il contatto con gli altri, non vanno al mare oppure, se lo fanno, tengono addosso la maglietta o i pantaloncini.
Le ragazze cercano di coprire i segni con braccialetti e accessori di ogni tipo mentre i ragazzi indossano boxer lunghi e si tagliano solo nella parte alta delle cosce. È un periodo dell’anno che vivono peggio del solito, si sentono ancora più “diversi” e devono combattere anche con il rischio di essere scoperti, condizione che gli desterebbe ancora più preoccupazione e sofferenza. Cercano di trovare tante giustificazioni alle eventuali domande che gli altri possono porgli, dai graffi di animali, alle cadute. I genitori spesso lasciano passare, credono ai loro racconti, molti neanche li guardano e non colgono ciò che sta dietro ai loro comportamenti, atteggiamenti e stati emotivi.
Come devono comportarsi i genitori in questi casi?
1. Il genitore deve fare attenzione a tutta una serie di stranezze e di comportamenti del figlio, che non rientrano negli schemi abituali o che possono potenzialmente destare sospetto, senza allarmarsi, senza diventare particolarmente invadenti ma senza sminuire attribuendo tutto al periodo adolescenziale. Non è sempre colpa dell’adolescenza, a volte ci sono disagi e patologie nascoste che è necessario individuare precocemente per intervenire in maniera efficace.
2. È importante porsi delle domande se i figli tendono a non andare al mare, se tengono addosso la maglietta o gli accessori come i braccialetti, osservando in maniera più approfondita anche le loro abitudini. Se evitano di esporsi al sole davanti agli altri o se non vogliono farsi vedere mentre si cambiano o sono in intimo, potrebbe essere un segnale di allarme da tenere in considerazione. •
3. Bisogna tenere presente che non sempre vengono attaccate le braccia, le gambe o la pancia; a volte per non farsi scoprire, si autoledono in parti del corpo come l’inguine o sotto la pianta dei piedi in modo tale che il genitore non si accorga di niente.
4. È importante anche porre particolare attenzione alla vita sociale e scolastica perché spesso queste condotte sono associate a episodi di bullismo e di cyberbullismo o di abusi e violenze. Spesso sono ragazzi isolati, soli, che non provano particolare piacere nella vita sociale e tendono alle amicizie uniche.
5. Quando ci si rende conto che un figlio è autolesionista, non bisogna colpevolizzarlo ma ascoltarlo e contenerlo per comprendere ciò che si nasconde dietro quei comportamenti.
Articolo della dott.ssa Maura Manca