“Don’t Whack Your Teacher”. E’ questo il nome del nuovo videogame che insegna, letteralmente, a picchiare i docenti. A parlarne è Alex Corlazzoli su Il Fatto Quotidiano.
“Proprio in questi giorni sono venuto a conoscenza, grazie ai miei studenti di quinta elementare, persino di un gioco in Rete dove lo studente picchia violentemente il proprio insegnante. Basta cliccare “Don’t Whack Your Teacher” ed esce un videogioco dove il ragazzo prende diversi oggetti e li scaraventa con forza sull’insegnante”.
Come scrive il giornalista e docente “lo studente nel video sfracella una sedia sul capo del suo professore; prende un vaso pieno d’api e lo riversa sull’insegnante che corre verso la finestra per essere poi catapultato da una pedata nel sedere da parte del ragazzo. Possiamo dire che si tratta semplicemente di un gioco, di uno scherzo; ma ancora una volta siamo di fronte a scene di violenza non distanti dalla realtà. Anzi la realtà spesso supera la finzione come abbiamo visto”.
LE DOMANDE SONO LEGITTIME
Sono legittime, quindi, le domande che Corlazzoli si pone: “Perché tanto odio nei confronti della scuola? Degli insegnanti? Cosa non è funzionato in questi anni? E’ la scuola che non ha più saputo essere autorevole o siamo di fronte a una generazione che disprezza l’autorità? E’ la scuola che rifiuta i ragazzi al punto che quest’ultimi non vedono l’ora di ribellarsi ad essa? E’ una scuola che non ha saputo creare rapporti, relazioni sane o siamo di fronte a una generazione che volta le spalle a qualsiasi adulto?”.
In molti avrete visto in queste ore il video che è circolato in Rete di un giovane studente di un istituto superiore per geometri che getta il banco dalla finestra della sua aula, incurante di chi ci può essere sotto. La scena è surreale: si vede un gruppetto di studenti concitati all’interno di un’aula. Uno apre la finestra, un altro prende un banco e lo scaraventa fuori; altri assistono inermi, uno evidentemente filma il tutto con lo smartphone. Un altro assiste alla scena e poi ripete per tre volte quasi incredulo di quanto accaduto: “Non l’hai fatto, non l’hai fatto, non l’hai fatto”.
Non è il caso di banalizzare, di archiviare questo gesto come una goliardata. E’ un atto, invece, che esprime rabbia, violenza, forza, disprezzo. Certo, dietro quel banco lanciato c’è quello che viene definito un gesto tipico della psicologia del branco. Ma non basta. Dobbiamo chiederci perché quel ragazzo odia così tanto la scuola al punto da scegliere di buttarla dalla finestra. In quel suo gesto c’è il rifiuto, il rancore tutto da capire senza limitarsi a condannare il giovane. Non è sufficiente dire “E’ un cretino” e nemmeno ergersi a giustizieri con la trafila dei “Se fosse mio figlio…”. In quell’aula la responsabilità di quel gesto non è solo di chi lo compie ma anche di chi ride, di chi non fa nulla per fermare l’amico, di chi è complice di un gesto inammissibile.
Proprio in questi giorni sono venuto a conoscenza, grazie ai miei studenti di quinta elementare, persino di un gioco in Rete dove lo studente picchia violentemente il proprio insegnante. Basta cliccare “Don’t Whack Your Teacher” ed esce un videogioco dove il ragazzo prende diversi oggetti e li scaraventa con forza sull’insegnante. Lo studente nel video sfracella una sedia sul capo del suo professore; prende un vaso pieno d’api e lo riversa sull’insegnante che corre verso la finestra per essere poi catapultato da una pedata nel sedere da parte del ragazzo. Possiamo dire che si tratta semplicemente di un gioco, di uno scherzo; ma ancora una volta siamo di fronte a scene di violenza non distanti dalla realtà. Anzi la realtà spesso supera la finzione come abbiamo visto.
Resta da porci delle domande: perché tanto odio nei confronti della scuola? Degli insegnanti? Cosa non è funzionato in questi anni? E’ la scuola che non ha più saputo essere autorevole o siamo di fronte a una generazione che disprezza l’autorità? E’ la scuola che rifiuta i ragazzi al punto che quest’ultimi non vedono l’ora di ribellarsi ad essa? E’ una scuola che non ha saputo creare rapporti, relazioni sane o siamo di fronte a una generazione che volta le spalle a qualsiasi adulto? Proviamo a darci delle risposte prima che sia troppo tardi.