«Mamma, vai a denunciare quel bastardo». La mano brucia. In bagno, a scuola, l’istituto professionale Orlando di Livorno, un compagno ha aiutato Duilio (nome di fantasia, per tutelare il ragazzino) a sciacquarsi, per calmare il dolore. Ma non è servito. La piaga pulsa. «Mamma denuncialo».
Il bullo di classe è andato oltre questa volta. Gli ha ustionato una mano. Ustione di secondo grado, dicono al pronto soccorso. Trenta giorni di prognosi. E una paura infinita. Mesi chiuso in casa, fino alla decisione estrema: lasciare la scuola, lasciare Livorno, andare a vivere nel Pisano, con il padre. Lontano da mamma, fratelli e dal bullo.
L’astuccio come arma
La vita di Duilio cambia il 17 ottobre. Già prima non era una passeggiata a scuola. «Mio figlio – racconta la mamma – si lamentava da tempo di questo ragazzo che dava spinte, patte forti sul collo. Molestava tutti in classe. Una classe agitata per la quale la scuola proprio per il 17 ottobre aveva indetto una riunione con noi genitori». Quella mattina alla fine delle lezioni, però, l’aggressione. «Mio figlio torna a casa con una mano ustionata. Mi dice che sul finire dell’ultima ora, il compagno con un accendino aveva riscaldato la placca di metallo dell’astuccio a bustina. Poi glielo aveva premuto sulla mano sinistra, fino a consumargli la pelle». Infatti al pronto soccorso gli danno 15 giorni di prognosi (poi estesi a 30) con l’obbligo di farsi medicare ogni 48 ore in dermatologia «perché temono che sia stato intaccato il tendine».
L’omertà
Il tendine è salvo. La ferita, però, è grave. E la mamma sporge denuncia per lesioni personali. Il giorno stesso dell’aggressione al figlio, però, si presenta alla riunione di classe e segnala il caso di bullismo: «La professoressa che era in classe dice di non essersi accorta di nulla perché stava correggendo compiti. Gli altri genitori hanno invitato i figli a non intromettersi. E la mamma del compagno che ha soccorso Duilio, ha ammesso che suo figlio quella mattina era arrivato a casa sconvolto, ma non aveva capito bene che cosa fosse accaduto. Comunque nessuno sarebbe stato disposto a testimoniare contro il bullo».
La punizione
Così è. Il bullo viene comunque punito dalla scuola. La mamma di Duilio sostiene che viene sospeso da scuola e invitato per alcuni giorni a presentarsi in un centro di recupero per alcoldipendenti di Livorno «ma rispetta l’impegno solo qualche volta», poi resta a casa. Anche Duilio resta a casa a curarsi. Più o meno fino a metà novembre. Ma il rientro a scuola non è felice. Viene tenuto alla larga dai compagni di classe. « Un giorno, poi, è stato seguito fino alla fermata del bus dal ragazzo che lo aveva aggredito: per fortuna alla fermata c’era il fratello maggiore ad aspettarlo e l’altro si dilegua».
Gli insulti in chat
Ma la paura si impossessa di Duilio. Anche perché – dice la mamma – nella chat di scuola arrivano gli insulti: «Sei un infame». «Non dovevi denunciare». Così Duilio si chiude in casa. Smette di mangiare. Il pronto soccorso attiva il “Fiocco azzurro”, percorso specifico per adolescenti vittime di violenza. I medici sono preoccupati. Duilio sta scivolando nella depressione. È spaventato. Confessa di aver paura a uscire.
Il trasferimento
Psicologi e assistenti sociali suggeriscono alla madre di allontanarlo da Livorno. «Sono stata costretta a rinunciare a mio figlio. A lasciarlo andare: lui stesso ha detto che si sarebbe sentito più sicuro a casa del padre, in un’altra città. Anche perché il bullo ha minacciato, con un gruppo di amici, pure il fratello maggiore di Duilio».
Le minacce
Il fratello maggiore è andato a cercarlo e lo ha minacciato a sua volta: «Se tocchi Duilio un’altra volta, ti faccio sparire». Il compagno della mamma di Duilio ha fatto peggio. All’insaputa di tutti – assicura la mamma – si è presentato «a scuola e ha mostrato a un professore una pistola giocattolo. “Quello là brucia, ma noi abbiamo le armi”». La polizia lo ha prelevato, gli ha sequestrato l’arma e lo ha denuncia per minacce di morte. Il processo è fissato per l’autunno. Duilio non assisterà. Non è più a Livorno.
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